domenica 28 giugno 2015

Anita Ekberg

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di Silvia Ragni che appare sul n° 88 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it 

La scena in cui nei panni di Sylvia, provocante diva svedese, fa il bagno nella Fontana di Trevi sussurrando invitante “Marcello, come here, Hurry up!”, rimane tra le più leggendarie della storia del cinema.

Biondissima, voluttuosa, i lunghi capelli sciolti sulle spalle e un abito da sera nero con scollatura a cuore indosso, insieme a Marcello Mastroianni dà vita ad un’iconica e intensa sequenza che entrerà indelebilmente a far parte dell’immaginario collettivo associato a La dolce vita, pellicola felliniana che coincise, per Anita Ekberg, con il boom della notorietà internazionale.

Classe 1931, svedese di Malmo, Kerstin Anita Marianne Ekberg di Federico Fellini fu musa e incarnazione di una sensualità potente ma venata di candore, detentrice di un appeal nordico che evocava una carnalità consapevole, scevra da malizia, spontaneamente seduttiva.

La carriera di “Anitona”, come la soprannominò affettuosamente il regista riminese, inizia quando viene incoronata Miss Svezia nel 1950. Sesta di otto figli, modella e indipendente sin da giovanissima, la Ekberg non esita a trasferirsi negli Stati Uniti per concorrere, l’anno dopo, al titolo di Miss Universo: non lo vince, ma rientra tra le sei finaliste e viene dunque – come da prassi dell’epoca – scritturata dalla Universal Studios che la iscrive ad una serie di corsi di recitazione, dizione, danza, scherma ed equitazione.

Come ammetterà scherzosamente molti anni dopo, Anita alle lezioni di recitazione preferisce – tra un’apparizione e l’altra in film quali Viaggio sul pianeta Venere con Gianni e Pinotto e La spada di Damasco, risalenti entrambi al 1953 - le spensierate escursioni a cavallo sulle colline hollywoodiane.

La sua bellezza prorompente, oltre a folgorare il produttore Howard Hughes, la eleva immediatamente a protagonista dello show-biz e di chiacchierate love-story con divi del calibro di Yul Brinner, Tyrone Power e Errol Flynn, molto appetite dalla cronaca rosa.
Sono il gossip e le trovate pubblicitarie a far decollare, inizialmente, la sua carriera: celebrata pin up, Anita Ekberg frequentemente appare in testate scandalistiche come ‘Confidential’, mentre la sua attività di modella prosegue ininterrotta, non disdegnando le pagine di ‘Playboy’.

Il successo cinematografico arriva nel 1955 con Artisti e modelle, un film di Frank Tashlin in cui affianca Dean Martin e Jerry Lewis.

Con il celebre duo comico torna a lavorare l’anno dopo – stavolta come protagonista - in Hollywood o morte!, dello stesso regista: la pellicola le vale un Golden Globe come ‘miglior attrice emergente’ e un ruolo in Guerra e pace (1956), il kolossal che King Vidor si accinge a girare in Italia.

Per la prima volta a Roma, inclusa in un cast stellare che vanta i nomi di Audrey Hepburn, Henry Fonda e Mel Ferrer, la Ekberg ricorderà con parole emozionanti il suo impatto con la città eterna: “Un periodo indimenticabile, abitavo in un albergo a Trinità dei Monti, Roma si offriva allo sguardo in tutta la sua maestosità, non c’era il caos di oggi, in poco tempo arrivavo a Cinecittà guidando la mia Mercedes decappottabile, i capelli al vento”, ha dichiarato nelle sue ultime interviste.

Intervallato da svariate produzioni internazionali alle quali nel frattempo prende parte - pellicole tra le quali risaltano Ritorno dall’eternità, La camera blindata e Zarak (datate 1956) seguite da International Police (1957), La donna del ranchero (1957) e Paris Holiday (1958) - il feeling che scocca tra l’attrice svedese e la capitale d’Italia la condurrà, nel 1959, al ruolo di protagonista di Nel segno di Roma, diretto da Guido Brignone e Michelangelo Antonioni.

Ed è proprio durante il suo “periodo romano” che Anita Ekberg viene notata da Fellini: definendola una “gloriosa apparizione”, il regista riminese le affida il ruolo di Sylvia ne La dolce vita (1960), il film che segnerà la definitiva svolta nella sua carriera cinematografica.

Tratteggiando il ritratto di una Roma gaudente, beneficiata dal boom economico e dal significativo appellativo di “Hollywood sul Tevere”, il regista narra l’ infatuazione di Marcello (Marcello Mastroianni) - un giornalista scandalistico - per Sylvia, movie star svedese che corteggia con lo sfondo di paparazzi, night club ed incantate atmosfere delineando tutto un mood epocale che viene  riassunto nel titolo del film.

In pochi sanno che, per la famosa scena del bagno nella Fontana di Trevi, Federico Fellini si ispirò a un episodio reale: pare infatti che tempo addietro, dopo una scatenata serata danzante trascorsa in un night, la Ekberg avesse immerso i suoi piedi doloranti nella Fontana di Trevi in cerca di refrigerio. Un’azione prontamente immortalata dal fotografo Pierluigi Praterlon, grande amico della diva, la cui foto venne pubblicata dalla rivista Tempo Illustrato

domenica 14 giugno 2015

Ricordo di Maurizio Arcieri

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di Luca Selvini  che appare sul n° 88 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it 

«Quando morirò non cambierà nulla per la musica italiana. Spero di cambiare qualcosa per la musica celeste» - Maurizio

Lo scorso 29 gennaio a Laveno, in provincia di Varese ci lasciava per sempre a causa di un male incurabile Maurizio Arcieri, popolare cantante, performer e ideatore di programmi televisivi conosciuto anche con il solo nome di Maurizio.
Era nato a Milano il 30 aprile 1942 e da anni viveva con la moglie Cristina Moser in una casa di Castelveccana, nell’Alto Varesotto, anche se era sempre attivo artisticamente con i Krisma, il duo da lui fondato insieme a Cristina.

La sua carriera prende il via nei primissimi anni sessanta con alcune esperienze amatoriali come cantante, e nel 1964 dà vita al gruppo beat dei New Dada con Renato “Renè” Vignocchi e Franco Jadanza (chitarre), Ferruccio “Ferry” Sansoni (organo), Giorgio Fazzini (basso) e Riki Rebaioli (batteria), sostituito poi da Franco “Pupo” Longo, in precedenza con il gruppo dei Dandies.

Dopo aver firmato un contratto per l’etichetta Bluebell e stretto un rapporto manageriale con l’impresario Leo Watcher, i New Dada fanno da spalla ai Beatles durante le tre date della loro tournée italiana del giugno 1965 esibendosi a Milano, Genova e Roma e incidono nel giro di un anno e mezzo una serie di 45 giri di successo, tra cui L’amore vero, Batti i pugni, I’ll go crazy, più un LP.

Un litigio tra i componenti e una disputa legale portano però allo sfascio del gruppo alla fine del 1966; Arcieri e Pupo Longo riorganizzano i New Dada con il bassista Giandomenico Crescentini, il chitarrista Gilberto Ziglioli e l’organista Roberto Rossetto e nella primavera successiva esce il 45 giri Lady Jane/T’amo da morire attribuito però al solo Maurizio, in pratica la band a questo punto cessa di fatto di esistere e il cantante inizia la sua carriera da solista.

Dopo un ultimo singolo per la Bluebell intitolato Ballerina (cover di “Pretty Ballerina” dei Left Banke) Maurizio firma un contratto con laJoker e incide Il comizio (di Maurizio); nel mese di maggio del 1968 incontra e stringe amicizia con Jimi Hendrix in tour in Italia poi in giugno partecipa al Disco Per L’Estate e ottiene un grandissimo successo con la canzone Cinque minuti e poi... presentata nelle serate dal vivo in tutta Italia con l’accompagnamento del gruppo inglese dei Dave Anthony’s Moods.

Nei due anni successivi realizza una manciata di singoli fortunati come Elizabeth,  24 ore spese bene con amore (“Spinning Wheels” dei Blood Sweat & Tears) e L'amore è blu… ma ci sei tu; in questo periodo, all'apice della popolarità intraprende la carriera di attore di fotoromanzi recitando anche nel film “Quelli belli siamo noi” uscito nel 1970, dove compare anche il gruppo spalla formato da musicisti neri con alla batteria Steve Ferrone, e sempre in quell’anno viene pubblicato il suo primo LP da solista intitolato semplicemente “Maurizio” edito dalla Polydor, l’etichetta alla quale nel frattempo il cantante si è legato e che in pratica raccoglie tutti i singoli precedenti.

Il nuovo decennio si inaugura con una produzione discografica orientata sempre di più verso un suono pop raffinato e ben costruito, ben espresso in brani come Il Mare tra le mani o L’uomo e la matita, entrambi realizzati nel 1971, poi due anni dopo viene dato alle stampe il 33 giri “Trasparenze” un lavoro interessante che intreccia pop, sperimentazione, spunti jazzistici e rock progressivo.

..continua sul n°88 di Jamboree Magazine.