giovedì 27 novembre 2014

JOHNNY HALLYDAY

Carissimi lettori,
oggi vi offriamo parte dell'articolo a cura di Augusto Morini che appare sul n° 36 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.com 


Jean Philippe Smet nasce a Parigi il 15 giugno 1943 da padre belga e madre francese.

I genitori si dividono poco dopo la sua nascita e Johnny viene allevato da una zia paterna, ballerina, sposata a Lee Hallyday, un ballerino acrobatico americano.

L'ambiente che il bambino frequenta è quello dello spettacolo, in giro per l'Europa, e Johnny impara presto a ballare e suonare la chitarra, mentre a 11 anni debutta nel cinema come comparsa ne “I diabolici”.

Dal 1958 inizia a frequentare il Golf Drouot, storico locale parigino dove si ascolta rock'n'roll, e qui conosce e diventa amico di altri futuri cantanti, come Long Chris e Eddie Mitchell. 

Attirato dal personaggio Elvis Presley Johnny comincia ad imitarlo e, incoraggiato da Lee Hallyday, inizia ad esibirsi, sebbene con scarso successo.

Il debutto ufficiale è da considerare l'apparizione al Robinson Moulin Rouge del dicembre 1959, alla quale fa subito seguito una presenza alla trasmissione
radio Paris-Cocktail, nella quale canta “(Let's Have A) Party” di Elvis.

Nell' aprile successivo la sua partecipazione ad un'altra trasmissione Tv; nella quale canta “J' Suis Mordu”, versione francese di I Got Stung, sempre di Elvis, viene notata da un funzionario dell'etichetta Vogue che lo mette sotto contratto. 

Di maggio è il suo primo disco, un Ep, e da subito Hallyday si fa notare per l'inconsueta e innovativa caratteristica di interpretare con eccellenti risultati covers di rock and roll americani non in lingua originale ma bensì tradotti in francese, cosa che continuerà a fare per tutta la carriera.

Il 20 settembre 1960, vestito di un completo rosa-shocking, debutta all'Alhambra-Maurice Chevalier, un teatro ‘serio' dove viene sonoramente fischiato dal pubblico adulto ma osannato dal pubblico giovane per la sua scatenata esibizione.

Il grande trionfo avviene due mesi dopo allo storico L'Alcazar di Marsiglia dove, però, avvengono per la prima volta i tafferugli che saranno poi caratteristica ricorrente dei suoi spettacoli, tanto che le città di Bayonne, Strasburgo e Cannes arriveranno a negargli la permanenza nel territorio cittadino.

                                                                          Per la Vogue registra ancora diverso materiale, come Kili Watch e 24.000 Baisers (di Celentano), ma dall'estate 1961 si lega alla Philips e subito Viens Danser Le Twist (versione francese di Let's Twist Again di Chubby Checker) con la vendita di un milione di copie consacra Hallyday come il miglior rocker della Francia e dell'Europa continentale.

La definitiva accettazione da parte dell'establishement musicale francese avviene a novembre quando, vestito elegantemente in smoking e camicia bianca pieghettata, Johnny trionfa all'Olympia di Parigi.

Con 2 milioni e mezzo di dischi venduti nel 1961 il cantante diventa anche in assoluto il numero uno della canzone francese. Fino al maggio 1964, quando parte per il servizio militare, la sua attività è frenetica su tutti i fronti: spettacoli, film e dischi.

Grandi successi sono i titoli Retiens La Nuit, Sam'di Soir, L'Idole des Jeunes e Le Penitencier  mentre fra i numerosi album da 25 e 30 cm. spiccano
Sings America's rocking hits (1962) e A l'Olympia (1962).

Il 13 aprile 1965 Johnny e Sylvie Vartan, in coppia da diverso tempo, si sposano mentre a novembre un concerto all'Olympia festeggia il ritorno del cantante alla vita civile.







mercoledì 19 novembre 2014

Dodge Custom Royal 1959


Carissimi lettori,
oggi vi offriamo parte dell'articolo a cura di Clivio Tesorini che appare sul n° 82 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.com 



        
          Benvenuti nell'anno più estremo della mitica "Fins-Era"!


Eccoci al cospetto di un design spiccatamente aeronautico che, dal 1957, per Dodge sfocia nell'indimenticabile "Forward Look", con le famose "pinne posteriori" miscelate perfettamente al resto del body e visibili già a partire dalla fine dei sedili anteriori!

Per i patiti del genere, per chi vuole ammirare la massima espressione di questo inconfondibile style, la Dodge Custom Royal Super D500 Convertible del 1959 è l'esempio più raggiante.



Perché? Beh, intanto è una "Custom Royal", top di
gamma dell'epoca, è equipaggiata con l'opzione
"Super D-500" (il più sportivo e performante
propulsore Dodge del tempo) ed è squisitamente
Convertible (in grado quindi di garantire un impatto
visivo ed un'emozione nell'utilizzo decisamente
considerevoli).

La bellezza estetica è garantita da un'imponenza ed una ricercatezza dei particolari senza compromessi; esternamente la vettura denota infatti alcune famose caratteristiche come la consistente forma delle 
parking lights (soprannominate "grille bombs"),
l'imponente calandra anteriore e le immancabili modanature cromate sopra i fari. 

Anche il laterale appare impreziosito da numerosi loghi e svariati inserti cromati (come quello contenente la scritta dorata "Custom Royal") mentre il posteriore, oltre alle vistose pinne, ospita eccentrici gruppi ottici sdoppiati conosciuti come
'Jet trail tail lamps", di forma tondo-ellittica, in plastica e con luce visibile anche lateralmente.

Se l'esterno scintilla", l'abitacolo non è certo da meno: l'appariscente cruscotto satinato e cromato ospita numerosi strumenti, tra cui un contamiglia a 
nastro"safety bar-type" pronto a cambiare colore in base 
alla velocità raggiunta: verde fino a 30 miglia orarie, ambrato da 30 a 50 e rosso per tutti coloro i quali osano spingersi sopra le 50 mph!

I sedili, stranamente formati da vinile e tessuto nonostante l'allestimento convertible, anche lateralmente hanno un pattern asimmetrico e, opzionalmente, al tocco di una leva, 
i due anteriori possono ruotare verso l'esterno di 40°, permettendo una più agevole entrata ed uscita dal veicolo (soprattutto per le signore con gonne strette!).

A tutta questa prorompente estetica ed infinita serie di splendidi optional, la nostra testimonial unisce anche il più potente e performante propulsore Dodge dell' epoca che,
imbullonato nel cofano della Custom Royal, prende il nome di Super D-500 ...

Andiamo a conoscerlo meglio!

SUPER DODGE, SUPER POWER 



Il propulsore di base sulla Custom Royal è il 361 c.i. Super Ram Fire V8 da 305 cavalli, ma per il my '59 viene proposto anche un 383 c.i. V8 (6.3L) equipaggiato con un singolo carburatore quadricorpo ed in grado di erogare 320 puledri scalpitanti (opzione D-500).

Per chi non si accontenta, inoltre, la Dodge può montare sul 383 c.i. addirittura due quadricorpo Carter, aumentando la potenza a 345 cavalli e dando vita al mito del “Super D-500 package”




sabato 15 novembre 2014

VADEMECUM DEL RETRO'

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di Silvia Ragni che appare sul n° 85 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.com 

83 voci per riassumere lo stile anni ‘40 e ‘50 

ACCESSORI - Rappresentano dei complementi di stile dal ruolo decisivo: cappelli, guanti, borsette, foulard, occhiali da sole, cinture, bandana e cerchietti sono imprescindibili in qualsiasi look. 

ALABASTRO - Levigata, diafana, candida come l’alabastro più pregiato: così dev’essere la carnagione femminile negli anni ’40 e ’50. Viene ottenuta evitando accuratamente di esporsi al sole e con uno strato di fondotinta coprente, molto chiaro, fissato successivamente con una spolverata di cipria in polvere.

ALLURE - Il dizionario la definisce “andatura”, “portamento”, “aspetto”. Comunemente indica un fascino che proviene “da dentro”, una classe innata che qualsiasi look può solo contribuire a definire ed esaltare. A cavallo tra gli anni ’40 e i ’50 l’allure si identifica soprattutto nello stile bon ton, sofisticato e da “jeune fille bon genre” del quale star come Audrey Hepburn e Grace Kelly sono sublimi rappresentanti.



AUDREY HEPBURN - L’attrice britannica, protagonista di film cult come Sabrina (1954) e Colazione da Tiffany (1961) viene assurta ad icona di uno stile bon ton di cui il tubino nero, le ballerine, i guanti (bianchi e al polso, oppure sofisticatamente oltre il gomito), il cappello ed il foulard annodato attorno al collo
rappresentano i must. Ma anche il make up e l’acconciatura dell’indimenticabile interprete di Vacanze romane (1954), film che le vale un Oscar come Migliore Attrice, lasciano un’impronta indelebile: la minifrangia, le sopracciglia folte ad ala di gabbiano, le labbra evidenziate dal rossetto vengono emulate e riproposte sia durante i 50s, che nei decenni a venire.

BALLERINE - E’ Brigitte Bardot a lanciare il boom, calzando il paio che M.me Repetto creò su sua richiesta quando interpretò Juliette Hardy in E Dio creò la donna (1956). Originate da una rielaborazione delle scarpette da ballo dei danzatori classici, vengono prodotte in Dordogne e vendute a Parigi, allo storico civico 33 di Rue de la Paix: il negozio che Rose Repetto ha tramutato nel punto di riferimento per le fan delle ballerine di tutto il mondo.

BANDANA - Il fazzoletto rosso a pois bianchi, annodato in testa, che l’operaia  Rosie the Riveter esibisce nel manifesto del ’43 a sostegno dell’impegno delle donne americane durante la Seconda Guerra Mondiale, fa della Riveter un’icona culturale e della bandana uno degli accessori più gettonati da una folta schiera della popolazione femminile. Le versioni in cui si declina sono molteplici: tra le più frequenti, quella a fascia stretta con nodo centrale, alla paysienne, a piegatura larga e, naturalmente, alla Rosie the Riveter. In omaggio alla sua madrina.

BEACHWEAR - I primi bikini d’epoca - dopo il boom iniziale del 1946 - impongono reggiseni “corazzati”e alte culottes a coprire l’ombelico. Il costume intero, dal canto suo, è tutto meno che sgambato. La voglia di spensieratezza del dopoguerra si scontra con gli ultimi, massicci baluardi del senso del pudore e le forme, al mare, vengono solo sottolineate ma mai esibite. Ci si “sfoga”, in compenso, con modelli impreziositi da ruches, fiocchi, in fantasie pois o a quadretti Vichy, e il monopezzo raggiunge il top della seduttività nel modello “a fascia”. Tra le dive - o aspiranti tali - c’è chi osa: memorabile il bikini animalier sfoggiato da Jayne Mansfield il ridotto due pezzi di una Brigitte Bardot in versione starlet, a Cannes, nel 1953.
 
BETTIE PAGE - “The Queen of Pin Ups”, icona di stile suprema, è il modello di riferimento evergreen di ogni Pin Up  degna del suo nome. I lunghi capelli d’ebano ondulati e dotati di minifrangia (il suo cavallo di battaglia), il rossetto rosso fuoco, una malizia intrecciata alla solarità e al fetish in parti uguali, la rendono sexy ma rassicurante. Il suo sorriso risplende sia in versione Pin Up on the beach che in bustier di cuoio e con un frustino in mano. Fiori tra i capelli, colori sgargianti, bikini ridottissimi, bandana in testa, fantasie floreali e a pois sono i leit motiv del suo stile spensierato, sbarazzino con una punta d’eros. Piccante, ma mai “fatale”.


..continua sul n°85 di Jamboree Magazine.

sabato 8 novembre 2014

MICHELE - Intervista

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo parte dell'articolo che appare sul n° 82 della nostra rivista che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.com


Incontro Michele in una serata piovosa di fine aprile a Cerro Maggiore (Mi), mentre sta per salire ancora una volta sul palco a presentare il suo meraviglioso repertorio di indimenticabili successi anni 60, in compagnia di altri due “compagni di viaggio”  in uno show tutto musica e nostalgia dal titolo “Attenti a quei 3”.

I compagni di viaggio risultano essere Dino e Sandro Giacobbe, supportati dalla magnifica orchestra di Dina Manfred.

Ci salutiamo con simpatia, anche in ricordo delle belle serate trascorse insieme nelle varie località turistiche del comasco e del lecchese.

Dove l'ho proposto, Michele ha riscosso sempre un grosso successo di pubblico e di consensi sia per le canzoni indimenticabili, sia per la sua simpatia contagiosa, ma soprattutto per la sua voce calda ed inconfondibile.

E pensare che da bambino Michele, affascinato dal rock and roll, preferiva esibirsi nei palchi degli oratori liguri come ballerino di rock acrobatico, finché una sera, nel teatro dell' oratorio di Virgo Potens  (Sestri Ponente), non presentandosi il cantante del gruppo,  viene indirizzato sul palco in sostituzione dell’assente. 

La cosa gli piace, riscuote successo e la folgorazione di diventare cantante lo colpisce.
  

Incomincia così la sua carriera con l'orchestra Zanti, studiando di giorno all'Istituto Nautico di Genova e  cantando 
la sera nei vari dancing liguri.

La sua fortuna sta nel aver conosciuto i fratelli Reverberi che prima gli fanno incidere un 45 giri (etichetta Assolo) con i brani “Piango” e “Se tu vorrai”, poi lo indirizzano alla RCA (anno 1962).

Quale è lo spettacolo o la manifestazione canora alla quale ti senti più legato?

Senza dubbio il 'Cantagiro': per me è stata la manifestazione principe di quel periodo.
  




Partecipavo sempre sia per il meraviglioso contatto diretto con il pubblico e sia perché è stata una manifestazione che m'ha davvero portato fortuna!

Infatti Michele vince l'edizione 1963 nella categoria 'Voci Nuove' con la ormai mitica 'Se mi vuoi lasciare' che in pochissimo tempo risulta essere una delle canzoni più popolari e gettonate dell'estate (Quest'anno ricorre il 50° di questa canzone che ancora tutti ricordano).

L’anno seguente di nuovo Cantagiro (questa volta categoria Big) e di nuovo un grosso 
successo che porta il titolo di 'Ti ringrazio perché’.
   


Michele, parlami dei gruppi che in quegli anni ti hanno accompagnato durante le tue innumerevoli tournée. (si dice circa 250 serate all'anno)
  
Innanzitutto devo ricordare i Michelangeli, un quartetto composto da Giancarlo Trombetti
(chitarra solista), Italo di Bologna   (chitarra acustica), Giorgio Lelli (basso) e Fortunato Umali (batteria),l'unico genovese del gruppo.

Nel 1968 il complesso si sciolse anche perché Giancarlo Trombetti, che tra parentesi collabora tuttora con me, decise di esibirsi come solista.

Ho avuto poi modo di conoscere e di collaborare per ben 12 anni con un altro quartetto, questa volta di Biella, gli Odissea. Alfredo (chitarra basso), Jimmy (chitarra solista), Ennio Cinquina (tastiere) e Paolo (batteria), sono stati fedeli e collaborativi compagni di viaggio per tutti quegli anni.

  




A quale canzone del tuo repertorio ti senti più legato?

Senza ombra di dubbio ad un brano arrangiato dai fratelli Reverberi. 

Un brano datato 1965 “Quando parlo di te” che era la facciata B del 45 giri 'Dite a Laura che l'amo”,  per il semplice motivo che è stato il primo tentativo di Rhythm and blues italiano ed anche perché era veramente eccezionale!!!



...continua l'intervista sul n°82 di Jamboree Magazine con discografia italiana a cura di Augusto Morini











lunedì 3 novembre 2014

Roxy Rose - Intervista

Carissimi lettori,
oggi vi offriamo parte dell'articolo che appare sul n° 83 della nostra rivista che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.com


Roxy Rose, versatile e spumeggiante pin up del nuovo Millennio, all'attività iniziale di Burlesque performer ha affiancato una serie di nuove professionalità giostrandosi tra salotti fotografici, Dj set e wedding styling, tutto rigorosamente in stile vintage DOC.

Esperta - sia per passione, che per professione - di make up e hairstyle anni '40 e '50, crea dei veri e propri shooting fotografici per ragazze disposte a tramutarsi in seducenti pin up divas, dove si occupa personalmente di - come è solita dire scherzosamente - "trucco e parrucco" rétro.                                                                                   
L'abbiamo incontrata al Summer Jamboree di Senigallia mentre promuoveva la sua attività di vintage "image consultant", e abbiamo colto l'occasione per chiederle nozioni e ragguagli sul perfetto make up dell' era del rock' n roll.

Roxy, è la prima volta che sei al festival in queste vesti. Per quale motivo, a tuo parere, tra le ragazze c'è tanta voglia di stile anni '50?

Sì, come make up artist è la prima volta.
Faccio una sorta di promozione della mia attività di acconciatrice e truccatrice per la realizzazione di salotti fotografici rétro.
Qui a Senigallia voglio mostrare la trasformazione che può sperimentare qualsiasi donna, anche non appartenente all' ambiente, al giro rockabilly o rock'n'roll, in una bella e ironica pin up.
Sicuramente c'è voglia di anni '50 perché le tendenze mondiali sono queste, perché gli stilisti principali e di alta moda sono orientati verso quegli anni, verso lo stile vintage. C’è tanto interesse anche grazie allo sviluppo del genere burlesque, che recentemente ha raggiunto una grande fama, e le ragazze che si esibiscono vogliono corrispondere al look del periodo a cui fa normalmente riferimento: gli anni ’50, appunto.

Parlaci del make up anni '40 e '50. Su quali elementi puntava?

L'elemento fondamentale, secondo me, è la carnagione bianchissima. Una vera pin up non si espone mai al sole, anzi si protegge dal sole  in tutti i modi possibili e direi che ciò risalta molto di più il look di qualsiasi donna. Subito dopo vengono lo sguardo e le labbra, messi in evidenza tramite eyeliner nero e rossetto rosso.

Certamente non posso trascurare le mani e i piedi, che sono in bella vista: le mani curate, lo smalto rosso con la lunula bianca, la forma dell'unghia allungata. Così, con la lunula bianca, si applicava lo smalto negli anni '40. L’unghia doveva essere lunga e assottigliata, appuntita.
Dunque gli elementi chiave, riassumendo, sono: la carnagione molto chiara, il rossetto rosso ben delineato con la matita, l'eyeliner nero steso in una linea sottile, ciglia con tanto, tanto mascara e per esaltare ancor più lo sguardo, naturalmente,
le ciglia finte.
Sia per i servizi fotografici che quando ti esibisci sul palco, le ciglia finte sono irrinunciabili: "aprono" molto di più lo sguardo. Infine, le sopracciglia ben curate, evidenziate con la matita, e l'ombretto chiaro: io consiglio sempre una sfumatura di panna, di avorio o qualcosa del genere.

L’eyeliner dev'essere nero, liquido, oppure va sostituito con la matita e naturalmente il rossetto, rosso, è proprio essenziale.  

Che iter bisogna seguire, per ottenere la "pelle di porcellana" di una pin up?

Va steso un fondotinta coprente, chiaro ma ovviamente in tonalità con la tua pelle: bisogna considerare se tende maggiormente al rosa, oppure al pesca ... e poi, per fissare il fondotinta, è assolutamente necessaria della cipria in polvere. Successivamente, si aggiunge un po' di fard leggero.

Quale era la forma delle sopracciglia all'epoca più in voga?

La forma ideale per le sopracciglia è ad arco, non molto sottile, ad ala di gabbiano. Con linea e forma dal verso naturale ma ben sistemate. Non sottilissime, così le portavano negli anni ',20 e '30: negli anni '50 è già tornata di moda la linea naturale. E con la matita viene sfumata un pochino la linea delle sopracciglia, risistemata la forma. Sempre con la matita, si può creare un piccolo neo per avere un’aria più affascinante, più accattivante. Non importa la posizione; vicino al labbro, all’occhio …